Solitamente i pomeriggi sono dedicati ai miei figli mentre le mattine, qualche sera e qualche weekend al lavoro, che per me vuol dire scrivere, incontrare persone, individualmente o a gruppi.
Questo inverno é stato lungo perché tra la varicella dei più piccoli e le loro varie influenze, le giornate brevi e il freddo abbiamo passato molto molto tempo in casa.
La situazione tipo vede me seduta sulla poltrona al centro della sala e i 4 figli che mi ruotano intorno con le loro svariatissime esigenze. La cosa che hanno in comune é una parola che ripetono in continuazione: “Mamma!”.
Se sono da sola con loro rimango seduta il più possibile perché se mi muovo per fare qualsiasi cosa, tipo mettere i panni in lavatrice o far da mangiare, tutti mi seguono il che vuol dire che Gioele, un anno e mezzo, insieme ad Elia, tre e mezzo, cercano di realizzare la cosa più pericolosa che viene loro in mente e quindi mi costringono a distogliere l’attenzione da qualunque altra attività che non sia quella di vedere che non si uccidano. Sto seduta anche perché a turno vogliono salirmi in braccio uno per essere allattato ogni volta che si sente contrariato dall’esistenza, l’altro per un po’ di coccole appena mi molla il fratellino. Un sali e scendi continuo che mi obbliga a star seduta anche solo per il mal di schiena. Ma capiamoci, non sto sempre ferma eh?! Anzi sembra più una sessione di preparazione atletica per i miei continui scatti nei vari salvamenti di bambino che fa l’acrobata sopra al tavolo o fa il cagnolino con una sciarpa al collo messa dal fratello. Ma spesso devo anche salvare gli oggetti dal bambino. Gioele si arrampica ovunque ed è interessato più che ai giochi a rubare i cellulari, ipad e pc di tutti i membri della casa. Sa esattamente dove li appoggiamo e sposta sedie, tricicli, cavalli a dondolo per arrampicarsi finché riesce a raggiungere questi interessanti oggetti, poi scappa per tutta la casa urlando perché lo seguiamo terrorizzati che cadano a terra.
Ovviamente l’atmosfera non ha nulla a che vedere con il silenzio. Nel frattempo che tento di far sopravvivere Gioele tra urla e corse, Elia mi chiama in bagno perché ha finito di fare la cacca, Ginevra, quasi 13 anni, mi chiede di rileggerle un tema e nel frattempo cerca di convincermi che la gonnellina estiva é perfetta per gennaio, che è arrivata l’età di girare da sola in autobus per la città, che nessun pantalone le va più bene quindi urge comprarne di nuovi e che è una cosa terribile che non sia ancora andata a New York. Non ho finito, manca Martino, quasi 16 anni, che mentre si lamenta di tutto interrogandomi sul senso della vita e dello studio, chiedendomi consigli per poi non seguirne nemmeno uno, mi fa annusare tutte le sue magliette perché non riesce a capire se buttarle a lavare o no. La cosa incredibile é che tutto accade contemporaneamente!
Spesso io e mio marito, quando il caos domina in casa nonostante i nostri sforzi e sembra sia impossibile uscirne, ci guardiamo senza forze e la buttiamo su un sorriso complice, almeno noi, sentendoci sì distrutti ma insieme in questa ardua impresa del crescere i nostri figli.
Quando i ragazzi esagerano, cioè sempre, ho una profonda sensazione di sfinimento; sento come in realtà io non abbia il controllo di nulla e mi sento veramente senza forze. Penso alla vita con tutte le sue prove, non solo per me ma anche per loro…quante ne dovranno passare. Vorrei prepararli ad affrontarle tutte nel migliore dei modi ma non sarà facile. Forse non si è mai pronti a sufficienza.
Guardando e ascoltando bene questa sensazione di impotenza di fronte all’impermanenza della vita vedo però che sotto il suo sapore amaro c’é una sorta di morbidezza, di resa al momento che sto vivendo. Quel mio cedimento toglie il potere dalle mie mani e lo riconsegna alla vita, come se fosse Lei la vera madre non solo dei miei figli ma anche la mia. Questa amorevole madre mi ricorda che la cosa più importante non é avere sempre tutto sotto controllo ma essere presenti a ciò che accade e amare sempre più profondamente. Si può amare anche da sfiniti, si può ascoltare e accogliere il proprio stato interiore in qualunque situazione ci si possa trovare. E questo é importantissimo per fluire con la vita. La scelta fondamentale è tra la paura e l’amore, tra la distrazione e la presenza. E quando la nostra frequenza ha il sapore della compassione il nostro intero essere fiorisce, si aprono nuove possibilità di realtà che prima non si riuscivano a cogliere e nuove soluzioni ai problemi.
Spesso ci concentriamo sui nostri pensieri che ci opprimono credendo così di risolvere qualcosa, invece la cosa migliore é sempre cercare di cambiare stato e scegliere l’amore. Da lì tutto riparte, tutto si rinnova, tutto acquista nuova vita.
Spesso penso al dolore del mondo, a tutti i bambini che in questo momento stanno soffrendo e ai loro genitori. Prima sorge la paura e la tristezza ma poi cerco di trasformare tutto in amore, in compassione e questo porta ad una domanda: “Cosa posso fare io? Come posso mettere le mie abilità, le mie capacità al servizio di tutta questa sofferenza?”. È qui che cerco di creare, in accordo a ciò che sono capace a fare, un modo per servire la vita. Non occorre salvare il mondo, non occorre fare grandi cose ma piccoli gesti con amore e presenza. E se ognuno di noi riesce ad essere una goccia di luce anche i nostri figli saranno gocce di luce amorevoli al servizio di questa umanità sofferente. E risplendere nell’amore vuol dire vivere liberi e felici.